Anche il feto con difficoltà a mobilitarsi nell’utero

(DIRE – Notiziario Psicologia) Roma, 23 giu. – Il mal di schiena o la sciatica sofferte dalle donne in gravidanza indicano sempre una condizione biunivoca: soffre la mamma e il feto che non ha la possibilità di muoversi sufficientemente all’interno dell’utero, finendo per rimanere appoggiato sempre nella stessa zona. A questa sofferenza c’è una fine e si chiama Osteopatia, che in gravidanza guarda alla struttura scheletrica del corpo della mamma, tutelando il feto all’interno di essa: “L’accrescimento sano del bambino richiede che ci sia una struttura del bacino e dell’utero che possa accoglierlo in maniera fisiologica.

Disfunzioni meccaniche nell’articolazione del bacino, come nella mobilità dell’articolazione sacroiliaca, possono pregiudicare la posizione del piccolo all’interno del canale del parto, rappresentando una delle molteplici cause del mal di schiena materno”. A spiegarlo alla DIRE è Alessandro Laurenti, osteopata, membro del Registro degli osteopati d’Italia e docente dell’Osteopathic College – Scuola di Osteopatia a Trieste. – Cos’è l’Osteopatia? “L’Osteopatia è una medicina manuale complementare che fonda i suoi principi sulla dinamica del corpo, dai segmenti scheletrici ai visceri. Un territorio è sano quando c’è una buona dinamica negli scambi cellulari, quando riceve una corretta informazione e soprattutto quando il sangue circola senza alcuna difficoltà. Studia le correlazioni fra struttura e funzione, tratta le disfunzioni di mobilità del corpo umano e le normalizza con tecniche manuali. L’osteopata esegue dei test di mobilità sul corpo, e dove incontra delle restrizioni di mobilità- ripete Laurenti- esegue le tecniche manipolatorie finalizzate a restituire la dinamica laddove non c’è più. La legge fondamentale del trattamento è che ci sia sempre una buona dinamica dei fluidi e una corretta informazione neurologica. Una restrizione di mobilità non consente mai una buona biodinamica del tessuto. Il trattamento osteopatico restituisce al corpo la possibilità di auto curarsi. L’Osteopatia agevola il mantenimento della salute nel corso della vita”. – Cosa fa l’Osteopatia in gravidanza? “In maniera preventiva l’osteopata si prende cura della mamma e del feto e favorisce la possibilità che avvenga un normale sviluppo fetale e un parto fisiologico. L’elemento prioritario analizzato è il bacino, affinchè ci sia la possibilità e la libertà di movimento dell’osso sacro quale futuro canale del parto. L’utero- chiarisce l’esperto- è un organo che cresce durante la gravidanza fino a c.a. 36 cm di lunghezza, con punti fissi grazie ai quali si articola e si ancora al bacino. Questi punti fissi sono i legamenti. Quando esiste la possibilità per l’utero di crescere e dei legamenti di avere la loro elasticità migliora anche la possibilità di accrescimento fisiologico del bambino. Ma l’utero, essendo un muscolo, può manifestare punti di tensione e contrattura- prosegue Laurenti- i punti in cui presenta delle contratture sono quelli in cui offre delle restrizioni di mobilità e dove gli scambi metabolici non avvengono correttamente. Maggiore sarà la resistenza e minore sarà la mobilità del bambino dentro l’utero”.

Nella pancia il feto è in formazione, “il suo scheletro non è ancora ossificato, se non si muove a sufficienza le pressioni che riceve potranno talvolta modificare già in utero la forma stessa delle ossa e determinare poi uno sviluppo non fisiologico di alcune sue funzioni. Il bambino che già al settimo mese si incanala nel canale del parto (testa in giù) e non si muove più avrà forti costrizioni e presenterà dei punti di sofferenza a livello craniale una volta nato”. L’elasticità dell’utero e la possibilità dei legamenti dell’utero di essere flessibili sono dunque determinanti perché ci sia un parto fisiologico. “L’Osteopatia può aiutare- chiosa il docente- perché a livello di neuroanatomia un muscolo contratto invia delle informazioni ai centri midollari e superiori corticali, all’encefalo, in una modalità che si ripete: è un arco riflesso, un cane che si morde la coda. Se non si riesce a rompere questo schema, quell’utero rimarrà sempre contratto. Le tecniche osteopatiche sono tecniche dolci- rassicura Laurenti- per restituire mobilità ai vari strati dell’utero che presentano punti di contrazione”. – Cosa può fare l’Osteopatia nel periodo che segue il parto? “Nel post gravidanza ci sono spesso adattamenti posturali fisiologici o meno. In quest’ultimo caso la donna deve essere aiutata a ritrovare il suo stato di forma e salute. L’obiettivo è restituire sempre la normale fisiologia ai tessuti trattati.

Questo serve essenzialmente a far sì che la mamma possa allattare normalmente il suo bimbo senza avere disturbi scheletrici o vari mal di schiena che interferiscano anche con la secrezione del latte. Cervicalgie, addormentamenti delle braccia, vomito, disturbi intestinali, giramenti di testa, sono solo alcuni dei sintomi e segni di disfunzione”. – L’Osteopatia può essere applicata sui neonati? “L’Osteopatia guarda con attenzione la morfologia del cranio di un neonato e del suo scheletro in toto. L’Osteologia ci insegna che si tratta di strutture che non sono ancora formate. Dunque- chiarisce l’osteopata, che lavora anche presso l’Istituto di Ortofonologia di Roma (IdO)- agisce essenzialmente sulla forma e sulla funzione, dal momento che esiste una correlazione diretta.

Parliamo di bambini che manifestano alla nascita un malfunzionamento delle ossa, delle plagiocefalie (malformazioni nella forma craniale),oppure dei mal posizionamenti delle ossa del bacino che possono pregiudicare lo sviluppo della forma e della funzione delle anche. Lo sviluppo del sistema nervoso avviene con la crescita, sempre subordinato alla struttura che lo accoglie, come dimostrato da studi sul cranio in età prenatale. Il presupposto è che ci possa essere un buon funzionamento della struttura. Da qui l’interesse che l’Osteopatia rivolge allo sviluppo craniale dei bambini”. Un bambino che ha delle disfunzioni di mobilità a livello dell’occipite, “potrebbe avere disturbi neurovegetativi legati al nervo vago o relativi al nervo ipoglosso, dunque difficoltà di suzione e quant’altro”.

– In Italia l’Osteopatia fatica a farsi riconoscere ufficialmente? “Si, ma non a farsi conoscere. C’è comunque un grande sforzo da parte del Organizzazione mondiale della Sanità. Eppure- rivela Laurenti- risultati importanti sono confermati dalla presenza degli osteopati in alcuni ospedali: al Meyer di Firenze da quando c’è il servizio di osteopatia nel reparto di malattie neurosensoriali si è ridotto il costo sanitario. I bambini usano meno farmaci e sono diminuiti i giorni di degenza. Studi statunitensi dimostrano inoltre l’efficacia del trattamento osteopatico sulle lombalgie, certificando una riduzione del costo sanitario dei pazienti: si fanno meno risonanze magnetiche e minori sono giorni di assenza dal lavoro”.

– Qual è uno dei principali problemi dell’Osteopatia oggi? “L’Osteopatia è la medicina della persona in quel momento, non tratta il sintomo ma la globalità e il lavoro su quel paziente non si può protocollare. Da questo punto di vista diventa difficilissimo sviluppare una ricerca di tipo quantitativo.

Questo costituisce un problema nel farsi riconoscere dalla Comunità scientifica. La realizzazione di un protocollo terapeutico per sintomatologia- conclude Laurenti- è in antitesi con gli stessi principi dell’Osteopatia: l’unicità dell’individuo, rappresentata dalla sua globalità”.